Misurare punti di forza e debolezza degli alunni.

La qualità dell’esperienza scolastica di uno studente dipende da molti fattori di natura psicologica.

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In questo articolo vediamo come sia possibile valutare alcuni punti di forza e aspetti di debolezza che caratterizzano gli alunni. Tale valutazione, a sua volta, può aiutare l’insegnante a elaborare progetti di lavoro utili a migliorare la qualità della vita scolastica.

Misurare i fenomeni comportamentali è a tutt’oggi uno dei temi più dibattuti nell’ambito della psicologia e della formazione docenti. Infatti la necessità di fornire al mondo scientifico uno strumento operativo che individuasse un’ampia forbice di variabili ha prodotto in letteratura un buon numero di studi applicati sia nell’ambito educativo che in quello clinico.

Restringendo la nostra indagine all’ambito scolastico, nel secolo scorso si sono avvicendati diversi studiosi che hanno lavorato in questa direzione, costituendo degli strumenti di misurazione che potessero essere utilizzati per analizzare alcune caratteristiche degli alunni utili nel contesto scolastico ed in quello dei corsi di formazione docenti.

Primi strumenti per misurare i comportamenti nel contesto scolastico.

A fare da apripista della misurazione di alcune caratteristiche psicologiche alla base del comportamento degli alunni a scuola è stato senza ombra di dubbio il questionario di Rutter(1967), una delle misurazioni più affidabili e attendibili, considerata anche la scarsità di strumenti orientati in tal senso.

Il questionario di Rutter nasceva per rispondere all’esigenza di valutare problematiche comportamentali lungo alcune dimensioni importanti per la vita scolastica, quali iperattività/condotta o ansia/depressione.

Si tratta però di uno strumento concepito e pubblicato più di 50 anni fa, che nel corso degli anni ha evidenziato diversi limiti. Tra questi un approccio medico-lineare di fondo e una eccessiva attenzione orientata alla ricerca di deficit, espressi nei diversi item del testo sotto forma di compulsioni (es. succhiare il pollice, rosicchiare le unghie) e somatizzazioni (es. episodi d’asma, vomito, cefalee).

Agli insegnanti, però, interessano soprattutto gli aspetti positivi della personalità, le aree su cui possono far leva per sviluppare atteggiamenti e comportamenti positivi.

Tali aree sono rintracciabili nella concentrazione, nel continuum impulsività/riflessività, ma soprattutto nella prosocialità.

Spesso però i questionari elaborati in passato hanno indagato gli ambiti citati mediante letture parziali e tutt’altro che accurate. Inoltre, essi vengono di solito compilati dai genitori e dagli insegnanti, escludendo totalmente il punto di vista del soggetto stesso, che presumibilmente è il più importante osservatore da tenere in considerazione.

Gli strumenti self-report per gli alunni.

A tal proposito, Il Child Behaviour CheckList – Youth Self-Report (Achenbach, 1991) ha rappresentato un’innovazione, quantomeno da un punto di vista metodologico.

Esso difatti costituisce uno degli strumenti più utilizzati nel campo della ricerca, con centinaia di pubblicazioni al riguardo, dal momento che ha tra i suoi punti di forza la possibilità di valutare problemi comportamentali mediante scale ‘empiricamente derivate’.

Ciò significa che tali questionari riescono a fornire indicazioni su diversi quadri psicopatologici (come ad esempio, l’ansia, la depressione, l’aggressività etc.). La loro struttura è inoltre imperniata sui criteri del DSM-IV (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, al fine di orientare le valutazioni effettuate secondo un chiaro modello clinico.

Il questionario SDQ.

Tuttavia, restava ancora viva l’esigenza di poter individuare uno strumento che unisse validità e praticità, oltre al fatto di poter prendere in considerazione delle fasce d’età molto ampie, esaminandone difficoltà e punti di forza.

Con questi presupposti viene strutturato lo SDQ, Strengths and Difficulties Questionnaire (Goodman, 1997), un questionario che riprende la struttura degli item dello strumento di Rutter, al quale sono state aggiunte domande che facessero leva su caratteristiche comportamentali positive, senza intaccare la qualità e la validità dei costrutti valutati.

Inoltre, esso fornisce un mezzo di valutazione anche per l’età infantile e adolescenziale, oltre che per adulti.

Altro aspetto da evidenziare è che l’SDQ può essere completato da genitori e insegnanti, ma è stato sviluppato e adattato anche per una somministrazione self-report (esso è cioè compilabile direttamente dall’alunno stesso).

Utilizzo dell’SDQ e sua validazione.

Come abbiamo detto, l’SDQ è somministrabile in diversi modi. Anzitutto può essere compilato dal bambino stesso, in modalità “self report”.

Alternativamente può anche essere compilato da genitori ed insegnanti e questo permette di avere una visione più ampia dei risvolti comportamentali che il bambino, da 4 a 16 anni (Marzocchi et al., 2002) può manifestare, pur essendo uno strumento oggettivamente conciso.

Va evidenziato altresì che si tratta di un questionario che non affonda le sue radici in una cornice teorica di riferimento, ma la cui affidabilità è stata validata dalla pratica. Ne esiste anche una validazione Italiana (Marzocchi et al., 2004).

Per ciò che concerne la sua struttura psicometrica, numerosi studi recenti ne hanno confermato una struttura fattoriale a 5 dimensioni, con una buona validità, in diversi Paesi europei (Ruchkin et al., 2007; 2008; Du et al., 2008; Svedin et al., 2008; Van Roy et al., 2008; Sanne et al., 2009; He et al., 2013; Ortuño-Sierra et al., 2015a; 2015b).

La validità della struttura pentadimensionale è stata verificata in altri lavori (Stone et al., 2010; Li et al., 2016; Tobia & Marzocchi, 2018) e la sua validità nella pratica è stata ampiamente dimostrata.

Le dimensioni indagate dall’SDQ.

La struttura dello SDQ permette di indagare cinque aree comportamentali: sintomi emotivi, problemi comportamentali, disattenzione/iperattività, problemi con i pari e comportamenti prosociali.

Si tratta di dimensioni che è particolarmente utile conoscere nel contesto scolastico e ciò lo rende uno strumento valido per valutare l’efficacia di eventuali progetti o attività messe in atto.

Ad esempio, può fornire informazioni importanti prima e dopo un determinato intervento per comprendere su quale dimensione ha avuto un maggior impatto. Al contempo, è spendibile nel contesto di un intervento di gruppo focalizzato sui genitori o sugli insegnanti stessi, con l’obiettivo di individuare dei dati da cui partire (o ripartire) per organizzare strategie genitoriali o didattiche di successo.

In uno studio recente (Lonigro et al., 2014) lo SDQ è stato utilizzato per comprendere in che misura i comportamenti prosociali o disadattivi potessero essere posti in relazione con un’adeguata o inadeguata teoria della mente. I risultati hanno provato che l’empatia promuove comportamenti prosociali e inibisce quelli antisociali, più di qualsiasi altra componente cognitiva.

Ancora, l’SDQ è stato utilizzato efficacemente in uno studio di caso (Stievano & Valeri, 2011) per monitorare l’efficacia di un intervento sulle funzioni esecutive. Un bambino con ADHD è stato sottoposto a un training individuale riguardante compiti specifici per la memoria di lavoro, lo spostamento dell’attenzione e la pianificazione.

In tal senso, lo SDQ ha avuto funzioni differenti e complementari: la prima, di screening, per appurare la pervasività del disturbo e i presupposti per intraprendere un training; la seconda, di valutazione, per misurare l’efficacia del trattamento.

Inoltre, si è dimostrato un valido strumento per individuare correlazioni tra specifiche patologie e risvolti sul piano psicosociale ed emozionale. In uno studio olandese (Van den Heuvel et al., 2016) è stata indagata l’influenza di un disturbo di coordinazione motoria sul versante emozionale mediante l’uso combinato di SDQ e CBCL a scuola.

Oltre la moderata correlazione tra i due strumenti nell’identificazione delle problematiche, lo SDQ ha evidenziato punteggi clinicamente significativi nel gruppo dei bambini con un disturbo della coordinazione motoria rispetto al gruppo dei pari, senza alcuna distinzione tra le varie scale.

Ciò ha dimostrato che i bambini con un disturbo della coordinazione motoria hanno un rischio sette volte più alto di avere problematiche comportamentali ed emozionali rispetto ai loro pari. Un rischio decisamente maggiore rispetto a ciò che era emerso da un lavoro precedente (Lingam et al., 2012).

L’SDQ è di pubblico dominio ed è liberamente utilizzabile. Le istruzioni e le condizioni per il suo utilizzo sono disponibili presso il sito http://www.sdqinfo.org.

BIBLIOGRAFIA

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