La metacognizione: Cosa significa “saper imparare”.

L’organizzazione proficua delle attività di studio riveste un ruolo cruciale nel processo di apprendimento e di studio. In questo articolo spiegheremo cosa significa “saper imparare”.

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Adottare una determinata strategia nel fronteggiare un compito vuol dire avere padronanza della strategia stessa in termini di utilità, natura ed efficacia.

Regolare e orchestrare i nostri processi cognitivi in relazioni ai dati che passiamo al setaccio sottolinea il ruolo attivo della mente nella conoscenza e nella comprensione, secondo un approccio costruttivista dell’apprendimento.

In questo articolo spiegheremo esattamente cosa significa “saper imparare” ed il ruolo della metacognizione a scuola, argomento trattato in diversi testi volti alla formazione docenti.

Definizione, usi e funzioni di metacognizione.

Da un punto di vista squisitamente etimologico, la metacognizione rappresenta la “conoscenza della conoscenza”, “il pensiero del pensiero” (dall’unione del prefisso greco meta-, “al di là”, “sopra” e cognitio, “conoscere”).

Fuor di metafora, quando si parla di metacognizione si fa di solito riferimento a tre grandi costrutti (AA.VV, 2015), spesso analizzati nei corsi di formazione docenti:

  1. Le conoscenze che ciascun individuo elabora rispetto alla propria mente e al suo modo di funzionare.
  2. Le attività esecutive che regolano i propri processi cognitivi.
  3.  I processi di auto-monitoraggio e di controllo dei propri processi cognitivi.

Gli antecedenti alla metacognizione: i metodi di studio.

I primissimi studi sulle strutture superiori che organizzano il funzionamento del pensiero possono essere individuati nel comportamentismo e, successivamente, nel cognitivismo. Siamo nella prima metà del XX secolo ed emerge sempre di più l’esigenza di distinguere i processi relativi alle informazioni e ai contenuti, da quelli di controllo e di pianificazione.

A partire dagli anni ‘60 sono state messe a punto alcune metodologie di studio (sia specifiche che globali) con lo scopo di aiutare gli studenti a organizzare il loro apprendimento. Questo spesso comprende grandi quantità di discipline anche differenti tra loro.

Le procedure di apprendimento tradizionali riguardavano la memorizzazione di nozioni come date, nomi, parole straniere. Altre procedure riguardavano la raccolta di appunti durante la lezioni, o ancora la lettura di testi da cui estrarre concetti e parole-chiavi, il riassunto e la schematizzazione dei brani letti, ma anche la gestione dell’ansia da interrogazione.

Tra i vari metodi strutturati di organizzazione globale dello studio il più conosciuto è quello elaborato da Robinson nel 1961, in seguito perfezionato e denominato PQ4R (Thomas & Robinson, 1972), acronimo delle 6 fasi in cui si articola:

  1. scorrere il testo (preview)
  2. porsi delle domande (questions)
  3. leggere (read)
  4. riflettere sui contenuti (reflect)
  5. ripetere oralmente (recite)
  6. ripassare il tutto (review).

A questo proposito, Rohwer (1974) ha individuato nella “generatività” la caratteristica che rende efficace una strategia di studio. Quanto più un metodo implica la riorganizzazione a parole proprie di un’informazione e l’arricchimento mediante l’integrazione di informazioni derivanti dalla propria esperienza, tanto più risulta efficace, cioè conduce a un apprendimento solido e duraturo.

Metamemoria e metacognizione.

Negli stessi anni Atkinson e Shiffrin (1968) hanno definito il modello tripartito delle memoria, che veniva ora considerata come una funzione attiva e non come un magazzino passivo di stimoli.

Tuttavia, il costrutto di metacognizione è stato introdotto in modo chiaro solo negli anni Settanta grazie agli studi di Flavell (1976; 1979). Esso rappresenta oggi uno tra i processi più studiati nell’ambito della ricerca cognitiva e della psicologia scolastica.

Difatti la metacognizione viene definita dall’autore come la consapevolezza delle strategie attuate nello svolgimento dei processi cognitivi come memoria, apprendimento, attenzione, elaborazione delle informazioni. Ad un livello gerarchico superiore rispetto alle attività cognitive specifiche vi è un processo di controllo, di supervisione e di coordinamento, che consiste appunto nella metacognizione.

In altre parole, i processi metacognitivi consistono nel:

  • monitoraggio dei propri apprendimenti
  • autovalutarsi senza che vi sia l’ingerenza di un’autorità esterna
  • pianificare ed eseguire operazioni cognitive, compiendo i necessari aggiustamenti
  • disporre e riorganizzare il giusto quantitativo di risorse attentive e mnemoniche
  • prevedere quella che sarà la propria performance.

Queste dimensioni sono trasversali ai diversi settori disciplinari, poiché non consistono in tecniche da applicare, ma rappresentano competenze di regolazione della propria attività cognitiva, di tipo sovraordinato.

La metacognizione a scuola.

L’attenzione dell’apprendimento scolastico si sposta così verso lo sviluppo di queste capacità. In questa direzione la metacognizione rappresenta uno sviluppo dei sistemi basati sulla creazione di un metodo di studio ed impostati in modo direttivo.

Oggi la metacognizione è considerata come una competenza-chiave che l’allievo deve possedere per sviluppare uno studio efficace, capace anche di ottimizzare i tempi e metodi di apprendimento.

L’elaborazione profonda sottolinea anche l’importanza di esercitare un controllo sul proprio apprendimento, di svincolarsi dalla relazione di dipendenza dall’insegnante per sviluppare un pensiero autonomo e critico. A questo proposito viene utilizzata la propria crescita non tanto per compiacere una figura autoritaria, quanto per emanciparsi intellettualmente e rendersi degli elaboratori attivi di nuovi costrutti.

Studi sulla metacognizione.

Il significato degli studi sulla metacognizione nel campo della psicologia scolastica e dell’educazione ha una duplice valenza.

Oltre all’aspetto del ragionamento sull’apprendimento, dell’imparare ad imparare, la ricerca metacognitiva ha messo in evidenza dati che fanno riflettere sulla possibilità di predisporre degli interventi nei confronti di coloro che presentano difficoltà nell’apprendimento, soprattutto se la natura di tali impedimenti è attribuibile a scarsa consapevolezza e controllo delle proprie attività di elaborazione e uso delle informazioni (Albanese et al., 2003; Boscolo, 2006).

Nel nostro Paese, il gruppo MT (memoria e training) di Padova ha dedicato numerosi studi alle attività metacognitive, arrivando a costituire uno strumento ad hoc per valutarla. Tale strumento è il Questionario Metacognitivo sul Metodo di Studio (Cornoldi et al., 2001).

Il gruppo di ricerca ha poi analizzato alcuni aspetti pregnanti della metacognizione, riuscendo a delinearne le peculiarità cui prestare attenzione (Cornoldi et al., 2015).

La prima è l’elaborazione profonda: interiorizzare i dati, e non acquisirli passivamente, permette numerose attivazioni di nodi e collegamenti concettuali con conoscenze pregresse. Ciò conduce l’individuo a sviluppare un senso critico capace di modellare e ristrutturare qualsiasi sorta di informazione che viene immagazzinata.

Altro aspetto sostanziale dell’attività metacognitiva è l’organizzazione, che permette di calcolare e pianificare correttamente ciò che dovrà essere svolto, evitando carichi onerosi o troppo dilazionati nel tempo.

Ancora, gli autori parlano dell’importanza del ruolo del funzionamento intellettivo. Si può avere una predisposizione a considerare le abilità osservative, mnestiche e riflessive come immodificabili e, dunque, non migliorabili tramite l’apprendimento, oppure credere che esse possano essere sviluppate tramite percorsi di apprendimento.

In questo caso, si è maggiormente portati a impegnarsi, proprio per la fiducia nel poter raggiungere un buon rendimento, a scapito di un atteggiamento rinunciatario e fatalistico.

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Concezione di Intelligenza e obiettivi di apprendimento.

È interessante chiarire anche la posizione rispetto all’intelligenza, dote superiore per eccellenza. Alcune persone la considerano un fattore innato ed immutevole, mentre altri la vedono come una facoltà che può essere incrementata con l’esercizio (Dweck, 2007).

In questo scenario acquisisce notevole rilievo il traguardo che si decide di fissare: i cosiddetti obiettivi di apprendimento.

Essi si distinguono in obiettivi di prestazione e di padronanza. Nel primo caso, lo studente si limita a “fare il compito”, o meglio ad arrivare a un obiettivo che non sia intrinsecamente motivato, ma che miri a compiacere le autorità genitoriali o scolastiche.

Quando invece si cerca di apprendere per migliorare le proprie conoscenze e competenze, si tratta di obiettivi di padronanza. Questi ultimi rappresentano la strategia più funzionale per non arrendersi nello studio.

In ogni caso, i succitati aspetti squisitamente cognitivi non possono prescindere da aspetti complementari quali sono quelli emotivi e motivazionali. L’ansia, che può essere di stato o di tratto, richiede un intervento psicoterapeutico mirato, soprattutto nel secondo caso.

Dal momento che parliamo di una caratteristica stabile e pervasiva della personalità, essa può riflettersi in tutte le attività, soprattutto nello studio. Nel caso in cui l’ansia sia di tipo transitorio, e dunque di stato, la condizione di agitazione può invalidare determinate valutazioni ma a un livello più circoscritto, come un’interrogazione orale.

Per questo motivo non può essere considerata dannosa in senso pervasivo, ma può addirittura rappresentare un’attivazione fisiologica che permettere di far convergere le energie al fine di affrontare un compito con maggior pervicacia.

A tal proposito, è necessario evidenziare che il monitoraggio della propria efficacia rispetto al compito garantisce proprio la possibilità di impegnarsi a fondo in un compito e di tollerare meglio eventuali frustrazioni derivanti da una percezione di inadeguatezza rispetto alla consegna.

Le relazioni con i compagni e con gli insegnanti, infine, cementificano la metacognizione, favorendola o limitandola anche a seconda dell’importanza di cui essa viene investita dalle varie parti del sistema.

Implicazioni didattiche.

La valorizzazione dell’attività metacognitiva trova terreno fertile nel contesto scolastico. È stato sottolineato come l’insuccesso scolastico sia da attribuire non solo a difficoltà nelle attività di base, ma anche a una deficitaria capacità di auto-consapevolezza e pianificazione delle proprie strategie di pensiero.

Lo sviluppo della “didattica metacognitiva” è stato massicciamente affrontato nella letteratura ad opera di vari studiosi, proprio in base al fatto che essa va a rinforzare non solo le competenze di base, ma anche quelle trasversali (come i processi cognitivi superiori quali attenzione e memoria).

A tal proposito, un percorso didattico che possa definirsi metacognitivamente orientato poggia su quattro pilastri fondamentali (Ianes, 2005):

  1. Innanzitutto, occorre effettuare un lavoro volto a rendere consapevole il soggetto del funzionamento intellettivo generale e delle potenzialità del nostro cervello. Ovvero come funzionano i processi cognitivi, quali sono i processi emotivo-motivazionali che possono intercorrere, le abilità logiche su cui strutturare il ragionamento, la neuroplasticità;
  2. successivamente, è necessario sviluppare la consapevolezza del proprio funzionamento cognitivo e favorire i processi di autoconsapevolezza dei propri mezzi. È inoltre necessario aiutare il soggetto a conoscere e riconoscere limiti e potenzialità della propria mente;
  3. in terzo luogo, il monitoraggio dei processi cognitivi deve essere perpetuo, costante e flessibile. Variabili intervenienti possono scompensare il soggetto con un livello di facilità strettamente dipendente dalle sue capacità di resilienza. Pertanto la capacità di riorganizzare risorse e obiettivi acquisisce notevole importanza all’interno di una didattica finalizzata a “imparare ad imparare”;
  4. infine, lavorare su stili attributivi adattivi consente di cristallizzare i processi metacognitivi, facendo sì che il background motivazionale del soggetto sia sempre tenuto in considerazione. La percezione positiva del sé si allinea con la percezione di una persona capace di ottenere successi in qualsiasi processo di apprendimento.

In tal senso, la lettura del testo di Ianes (“Didattica speciale per l’integrazione”) delle edizioni Erickson rappresenta un valido punto di riferimento per coloro che intendono lavorare in questa direzione.

Dott. Diego Izzo (diego_izzo@yahoo.it)

 

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. (2015). BES a scuola: I 7 punti chiave per una didattica inclusiva. Erickson.
Albanese, O., Doudin, P. A., & Martin, D. (Eds.). (2003). Metacognizione ed educazione: processi, apprendimenti, strumenti (Vol. 10).Franco Angeli.
Atkinson, R.C.; Shiffrin, R.M. (1968). Chapter: Human memory: A proposed system and its control processes. In Spence, K.W.; Spence, J.T. The psychology of learning and motivation. 2. New York: Academic Press. pp. 89–195.
Boscolo, P. (2006). Psicologia dell’apprendimento scolastico: aspetti cognitivi e motivazionali: nuova edizione. UTET università.
Cornoldi, C., De Beni, R., & Gruppo, M.T. (2001). Imparare a studiare 2. Trento: Erickson.
Cornoldi, C., Gruppo, M. T., & De Beni, R. (2015). Imparare a studiare: strategie, stili cognitivi, metacognizione e atteggiamenti nello studio. Trento: Erickson.
Dweck, C. S., & Moè, A. (2007). Teoria del se : intelligenza, motivazione, personalità e sviluppo(Rist ed.). Gardolo (TN): Erickson.
Flavell, J. H. (1976). Metacognitive aspects of problem solving. In L. B. Resnick (Ed.), The nature of intelligence(pp. 231–236). Hillsdale, NJ: Erlbaum.
Flavell, J. H. (1979). Metacognition and cognitive monitoring: A new area of cognitive–developmental inquiry. American psychologist, 34(10), 906-911.
Ianes, D. (2005). Didattica speciale per l’integrazione: un insegnamento sensibile alle differenze. Trento: Centro studi Erickson.
Rohwer, W. D. (1974). Elaboration and Learning in Childhood and Adolescence1. In Advances in child development and behavior (Vol. 8, pp. 1-57). JAI.
Thomas, E. L., & Robinson, H. A. (1972). Improving reading in every class.

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